Di
solito chi sente per la prima volta il concetto del "distacco buddista"
rimane perplesso, pensando che il significato consista nell'estraniarsi
dalla vita.
In realtà è esattamente l'opposto. Il suo significato è diventare "padroni" della vita.
Come?
Noi siamo "schiavi"; siamo in continuazione influenzati da fattori
esterni, ci influenzano gli amici, ci influenzano i nemici. Spesso
l'idea che ci facciamo di noi dipende dall'opinione che gli altri hanno
di noi. Se incontriamo il favore degli altri, allora abbiamo un valore.
Cerchiamo in continuazione di guadagnarci il giudizio positivo del
nostro prossimo.
Il problema in questo è duplice:
- Primo, ognuno guarda la realtà con i propri occhi. Se due persone guardano una scena, vedranno 2 cose diverse, si faranno opinioni diverse e giudicheranno in modo diverso. Questo significa che noi saremo giudicati in modo diverso da più persone. Anche se ci comportassimo sempre nello stesso modo! Ad alcuni staremo simpatici, ad altri antipatici. Per ovviare a questo, cerchiamo di adattarci alla persona che abbiamo di fronte. Mettiamo una maschera diversa in base alla persone che ci stanno davanti. Più persone, più maschere. Dopo molto tempo avremo così tante maschere che non ci ricorderemo più qual'è il nostro volto originale.
- Secondo, l'opinione di noi cambia anche nella stessa persona da un momento all'altro. Oggi per qualcuno siamo amorevoli, domani per quella stessa persona saremo i peggior bastardi della terra. Specialmente questa cosa (che si lega all'impermanenza buddista) è fonte di dolore. Non riusciamo a capire il perché l'opinione su di noi è cambiata. Pensiamo di aver commesso qualche errore e cerchiamo di cambiare (cioè mettere una maschera nuova) per soddisfare quella persona.
Inutile
dire che la soluzione non è nella qualità della maschera che si
indossa. Non è esterna a noi, nella volontà di soddisfare gli altri. Il
problema sta nell'affibbiare a fattori esterni e "impermanenti" la
richiesta di dirci chi siamo. Questa è una schiavitù.
Il
concetto di distacco buddista spezza questo legame. Invece di essere
schiavi, si diventa padroni. Non si richiede più l'appoggio o la
benevolenza degli altri per conoscere se stessi.
Un
altro significato di distacco buddista è nell'approccio al desiderio. I
buddisti dicono che desiderare è sbagliato. Questa è un'altra cosa che
viene spesso fraintesa. Si crede che il buddista non desideri mai e lo
si ritiene impossibile, dato che la stessa ricerca dell'illuminazione
può essere intesa come desiderio. Anche qui la parte più importante sta
nel capire che cosa è un desiderio nella sua natura. Il desiderio è
qualcosa che è proiettato nel futuro. E' sempre qualcosa che non può
essere qui e ora. Per i buddisti il passato ed il futuro non hanno molta
importanza. Per loro esiste un unico tempo: un continuo, infinito
presente. E' l'unico tempo in cui si può vivere. Non è possibile vivere
nel passato e nemmeno nel futuro. Solo nel presente si possono prendere
decisioni e compiere azioni. Lo spostamento della mente nel futuro,
toglie spazio al presente. e se toglie spazio al presente e solo nel
presente si può vivere, sta togliendo spazio alla nostra vita. Il
desiderio, in quanto futuro, toglie spazio alla vita. Ecco perché i
buddisti si allenano al "distacco" dai desideri.
Il
distacco buddista allena quindi ad estraniarsi dalla gente e a
sradicare i desideri? No! Non vuol dire che bisogna diventare autistici e
non provare desideri. Vuol dire solo non esserne schiavi, ma padroni.
E' un po' la differenza che passa tra uno che beve un bicchiere di vino
perché in quel momento ne ha semplicemente voglia, dall'alcolizzato che è
schiavo della bottiglia.
Detto questo, passiamo al Wing Chun...
La
liberazione dall'opinione esterna per la comprensione di noi stessi è
insita nell'arte marziale. Nessuno ci può dire se siamo bravi o meno. La
bravura è facilmente dimostrabile e per capirlo non c'è bisogno di
nessuno. Per la verità c'è bisogno dell'avversario, ma l'avversario è lo
specchio di noi stessi. Lui riflette noi: i nostri pregi, i nostri
difetti. Solo noi però riusciamo a vedere in pieno la nostra immagine
riflessa nell'avversario. L'istruttore potrà darci consigli tecnici, ma
la visione globale la possiamo avere solo noi.
Così
come l'assegnazione di diploma non può migliorarci come artisti
marziali, tanto meno il ritiro del diploma può farci diventare meno
bravi. Il distacco buddista lo si allena sempre quando ci rendiamo conto
che il nostro valore ce lo costruiamo da soli e non ci piove dal cielo.
Ancora, i motti ci vengono in aiuto. Prendiamo ad esempio questi:
1. "Impara a rimanere calmo nel centro dell'azione. Rilassa i muscoli e libera la mente"
2. "Essere all'erta e adattarsi alla situazione consentono di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo"
Sono
strettamente collegati e per funzionare c'è bisogno di essere
"distaccati". Da cosa? Dal contesto (che è esterno a noi) e dal
desiderio di vincere in fretta (che è interno a noi).
Il primo: "Impara a rimanere calmo nel centro dell'azione. Rilassa i muscoli e libera la mente"
In
una situazione di stress, quale può essere il combattimento, è facile
perdere il controllo di noi stessi. C'è un fattore esterno,
l'avversario, che preme per ottenere la nostra sconfitta. Questo genera
paura, che crea rabbia, che porta a reagire senza che si abbia alcun
controllo di ciò che si sta facendo. Il più delle volte questo porta ad
una veloce sconfitta.
Il
Wing Chun esorta il praticante a non cedere allo stress, a distaccarsi.
E' necessario rimanere calmi anche quando la situazione si fa brutta.
Come si fa? Liberando la mente e di conseguenza rilassando i muscoli.
Questo genera un circolo virtuoso. Se io calmo la mente sarò in grado di
rilassare i muscoli. Il rilassamento dei muscoli mi consentirà di
liberare ancora di più la mente, che mi porterà a rilassare maggiormente
i muscoli e così via...
A
che serve tutto questo? A mettere in atto il secondo motto: "Essere
all'erta e adattarsi alla situazione consentono di ottenere il massimo
risultato con il minimo sforzo"
Se
riesco a rimanere calmo durante l'azione, sarò all'erta. Essere
all'erta però richiede una condizione particolare: bisogna liberarsi del
desiderio di vincere. Fissarsi sulla vittoria cristallizza la nostra
mente su un evento futuro e ci fa perdere di vista ciò che sta accadendo
in quel preciso istante (nel qui e ora) e non ci permette di essere
all'erta.
Se
invece sono all'erta, capirò ogni cosa che si sta verificando nel
momento stesso che si verifica e quindi potrò adattarmici. L'adattamento
tempestivo alla situazione mi porterà ad usare il meno sforzo possibile
per ottenere il risultato cercato: La vittoria.
Ecco un modo per raggiungere l'ottenimento di un desiderio (la vittoria) senza essere schiavi del desiderio stesso.
Desiderare senza desiderare è una contraddizione molto Zen...
Vito Armenise